26/01/2016

Dopo la storica vittoria dell'azzurro Peter Fill nella discesa libera di Kitzbuehel abbiamo voluto rivolgere la nostra attenzione allo slalom ed abbiamo posto alcune domande al nostro socio Claudio Ravetto, che è stato per diversi anni Direttore Tecnico dello sci alpino nella Federazione Italiana Sport Invernali.

Rspondendo alle nostre domande egli ha affrontato a fondo le problematiche dello slalom speciale nello sci alpino. La sua enorme esperienza di allenatore , ma anche di preparatore, oltre che di direttore agonistico, ci ha offerto un quadro tecnico estremamente esaustivo, permettendoci di poter seguire al meglio questa affascinante disciplina. La sua profonda umanità lo porta spesso a immedesimarsi nell'azione degli atleti con professionalità , ma anche con partecipazione emotiva, che rappresenta poi il valore aggiunto del suo operare.

La disciplina dello slalom, 10 domande a Claudio Ravetto.

d.: Nello slalom moderno è ancora possibile migliorare il livello prestativo? 

r.: Si senz’altro e ancora di molto. Nel nostro sport non esistono i record in quanto non c’è una oggettiva misura della prestazione ma basta una osservazione attenta per accorgersi che di anno in anno gli atleti si muovono in maniera più efficace, aumentano la velocità di percorrenza della curva anche se i tracciati diventano sempre più angolati. Semplicemente andando a rivedere un filmato delle ultime vittorie di Alberto Tomba e confrontandolo con quello degli atleti di oggi si nota come tutto sia completamente diverso. Oggi in realtà, senza voler offendere il mitico Albertone, anche i bambini sciano meglio di lui.

d.: A cosa è dovuta questa evoluzione?

r.: Chiaramente molto è cambiato sotto l’aspetto del materiale, si sono accorciati gli sci, sono diventati più sciancrati per girare più velocemente, sono cambiate le plastiche degli scarponi e soprattutto la capacità di queste di accumulare per poi restituire elasticamente l’energia. Le piste sono migliorate con l’avvento della “barratura”, cioè il ghiacciare in modo uniforme la traccia iniettando acqua in profondità nella neve, ma a fronte di questa evoluzione esterna, anche gli atleti sono migliorati sotto tutti gli aspetti: sia quello tecnico, sia quello atletico.

d.: Dal punto di vista tecnico quali sono i cambiamenti?

r.: Sostanzialmente i movimenti “fondamentali” dello sci sono sempre quelli: l’antero-posteriore, il laterale, le rotazioni e contro-rotazioni a destra e sinistra e i movimenti verticali. Infatti da sempre le indicazioni degli allenatori mirano a correggere l’equilibrio su questi piani del corpo, “stai avanti”, raddrizzati, gira di più, piegati, sono le tipiche correzioni gergali più usate e abusate. Nel tempo però, con l’aumento del vincolo neve- lamina e di conseguenza l’aumento delle velocità di percorrenza della curva e quindi anche delle forze in gioco, questi movimenti sono diventati sempre più anticipati e addirittura hanno invertito il loro verso.

d.: Ci puoi fare un esempio?

r.: Il più evidente è quello che riguarda i movimenti verticali, dove si è passati da un piegamento attivo per aumentare il carico sullo sci, ad ottenere lo stesso effetto tramite un estensione, quindi da una contrazione muscolare concentrica ad una totalmente eccentrica. Si è passati dal “piegati”, al “non cedere”, allo “spingi” per deformare prima lo sci ed anche per gli altri tre piani è avvenuta più o meno la stessa evoluzione.

d.: In particolare per lo slalom ci puoi dire qualche cosa?

r.: In slalom il movimento essenziale, dall’avvento degli sci più corti (165cm ora), è quello rotazionale attorno all’asse verticale del corpo. Già con Giorgio Rocca ho curato moltissimo questo particolare, in pratica il ragionamento è stato: gli sci girano già molto da soli (per la sciancratura…) quindi l’atleta deve contro-sterzare per evitare che le code sbandino. Anche in questo caso la contrazione muscolare è diventata da concentrica ad eccentrica, gli sci continuano a girare a destra e a sinistra ma anziché essere guidati ruotando il corpo nella stessa direzione di curva, lo si fa “frenando” e modulando questa rotazione. Esattamente come il negli sport automobilistici, i piloti fanno, contro-sterzando con il volante in curva.

d.: Quindi anche sotto l’aspetto della preparazione atletica ci sono stati cambiamenti?

r.: Certo! Sono stati inseriti macchinari per lo sviluppo della forza eccentrica, utilizzati per il lavoro muscolare degli astronauti in assenza di gravità. Per esempio lo Yo-yo squat, che tramite un volano produce una forza che trascina il baricentro verso il basso e alla quale bisogna opporsi con il giusto tempismo. Sempre importante però, vista la estrema “situazionalità” che caratterizza lo sci alpino, effettuare esercitazioni sempre molto varie, con sempre un elemento di “imprevisto” per abituare l’atleta ad adattarsi costantemente. Ecco proprio questi due esercitazioni: quelle di forza eccentrica e quelle con situazione impreviste sono, anche per loro natura, i migliori esercizi per la prevenzione degli infortuni, sempre troppo frequenti fra gli sciatori.

d.: Quali sono oggi gli atleti più rappresentativi di questa nuova evoluzione tecnica?

r.: Per qualche tempo è stato senz’altro l’austriaco Marcel Hirscher , ma in questa stagione si è messo prepotentemente in luce il giovane norvegese Henrik Kristoffersen. Questo vichingo ha aperto una finestra tecnica non solo sul presente, ma anche sul futuro. Ha una gestione dei quattro movimenti fondamentali, totalmente eccentrica, con un tempismo esecutivo clamorosamente anticipato. Questo gli permette di avere maggiore disponibilità di forza a disposizione e una maggiore possibilità di modulazione del gesto. Infatti vince con una apparente scarsa fatica anche se il suo fisico non è ancora da super atleta. Anzi, visto in mezzo agli altri atleti, sembra un bambino in mezzo a marziani, mentre scendono la situazione si inverte totalmente, lui è il marziano gli altri i bimbi.

d.: E gli italiani?

r.: Noi tradizionalmente in slalom abbiamo a livello maschile una buona squadra, ormai nel lontano 2002 è nato, con il Presidente Gaetano Coppi, il “progetto slalom” che ha portato diversi successi all’Italia. Campioni come Giorgio Rocca, Manfred Moelgg, Giuliano Razzoli, Stefano Gross, Patrik Thaler, Cristian Deville, una medaglia olimpica, podi mondiali, due coppe di specialità, vittorie e podi in World Cup. Ora forse, questo progetto andrebbe rivitalizzato in quanto non sono molti i giovani che si propongono per il giusto ricambio generazionale. A livello femminile invece, la specialità dello slalom è carente da molto tempo, e senz’altro il “buco nero” dello sci nostrano.

d.: Quali i rimedi?

r.: Sicuramente investire di più! Non tanto economicamente, ma in persone, idee, strategie tecniche e atletiche, non basta copiare gli altri ma per emergere agli altissimi livelli che lo sport moderno richiede, bisogna anticipare il resto del mondo, avere intuizioni e una “vision” avveniristica. I talenti in Italia di certo non mancano, bisogna aiutali a crescere con adeguati stimoli, guidandoli nella giusta direzione evolutiva. Anche “politicamente” si deve avere il coraggio di innovare, magari non affidandosi solo alle squadre nazionali ma coinvolgendo più direttamente i club nella crescita del talento giovanile, aggiornando anche gli ormai vetusti circuiti istituzionali.

d.: Ci puoi dare una idea…

d.: Personalmente sarei molto propenso alla costruzione di uno “Ski- dome”, struttura per lo sci al coperto. A mio giudizio, in slalom, potrebbe farci fare il salto di qualità, tutti i giovani più talentuosi, uomini o donne, potrebbero essere più accuratamente visionati e seguiti in loco da allenatori di comprovata qualità ed esperienza, dai migliori preparatori e da uno staff medico all’avanguardia. Si potrebbe studiare la tecnica in maniera più approfondita con triangolazione video, analizzando gli angoli di lavoro e il carico esterno che grava sullo slalomista. Lo sci avrebbe finalmente dei numeri su cui basarsi per la ricerca tecnica e atletica e la selezione del talento diventerebbe oggettiva.


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