In due post recentemente pubblicati il 20 e il 26 febbraio sul nostro sito abbiamo analizzato le incombenze a carico delle ASD e SSD per l’applicazione dei Decreti Legislativi Delegati al Governo dalla Legge n° 86 del 8 agosto 2019 in materia di riforma del sistema sport.
Non possiamo, a questo punto, non esprimere le nostre preoccupazioni sugli effetti.
15/04/2024
In due post recentemente pubblicati il 20 e il 26 febbraio sul nostro sito abbiamo analizzato le incombenze a carico delle ASD e SSD per l’applicazione dei Decreti Legislativi Delegati al Governo dalla Legge n° 86 del 8 agosto 2019 in materia di riforma del sistema sport.
Non possiamo, a questo punto, non esprimere le nostre preoccupazioni sugli effetti.
Premesso che le società sportive sono le fondamenta del sistema sportivo italiano, che senza di esse non ci sarebbe un modello sportivo italiano, premesso altresì che le società sportive non sono tutte uguali in termini di dimensioni, di bilanci, di numero di tesserati, di patrimonio (inteso anche dal punto di vista della disponibilità di impiantistica di proprietà), di territorio sul quale operano, vorremmo richiamare l’attenzione di tutti i soggetti ideatori della riforma sulle conseguenze che siffatte incombenze rischiano di provocare.
Innanzitutto bisogna considerare l’aspetto burocratico che diviene pressoché la vera ragione sociale, in secondo luogo va tenuto in conto che tutti gli obblighi a cui verrebbero chiamate possono essere più agevolmente assolti da parte delle società sportive più grandi e strutturate anche se con un aumento dei costi da non trascurare così come dei tempi lavoro.
Questi costi, riteniamo, verranno “spalmati” sugli atleti e quindi graveranno sulle loro famiglie alla pari dei costi per i prodotti di largo consumo quando aumentano specie in maniera sproporzionata.
Le società sportive più piccole, che sono la stragrande maggioranza di quelle affiliate alle FSN e EPS, pensiamo a quelle che operano nelle periferie delle grandi città o nei piccoli paesi, che svolgono un’importantissima attività non solo per l’avviamento dei giovani all’attività sportiva, ma anche ai fini del contrasto dei disagi sociali e come centri di aggregazione, incontreranno enormi difficoltà nel dover applicare concretamente le modificazioni conseguenti la riforma, ammesso che ne siano venute a conoscenza o che ne verranno a termini scaduti.
Si tenga presente che queste piccole società sportive, che magari hanno un numero di tesserati non grande, vivono grazie all’apporto di tanti dirigenti volontari che, con passione, per vocazione e spesso anche con enormi sacrifici, non sono “attrezzate” per assolvere a quanto la riforma impone.
Questi dirigenti volontari dedicano alla società sportiva il loro tempo e non solo quello libero, coinvolgendo anche la propria famiglia i cui componenti, in moltissimi casi, operano, sempre volontariamente, all’interno della società.
Le difficoltà vanno considerate sia dal punto di vista economico: a quanto ammonterebbe la maggior quota da richiedere alle famiglie? Sia dal punto di vista delle pratiche burocratiche periodiche e ricorrenti, che, comunque richiedono, oltre ai costi, anche la ricerca di figure professionali idonee (notaio, commercialista, consulente del lavoro) ed il tempo per il loro disbrigo.
Non vorremmo che ciò fosse la causa della cessazione dell’attività di molte di queste società sportive. I loro dirigenti ripenserebbero la loro passione e forse sceglierebbero di dedicarsi ad altro perché, come sappiamo, il volontariato è molto diffuso in Italia, è un bene prezioso e si articola in molti ambiti.
Se questo avvenisse, e lo temiamo, ne conseguirebbe una destrutturazione dell’intero sistema sportivo italiano che, lo ripetiamo, si basa sulle società sportive e non soltanto su quelle “grandi” ma, soprattutto sulle piccole, nelle quali sono nati i grandi campioni che poi sono confluiti nelle “grandi” e/o nei GG.SS. Militari facendo onore all’Italia.
Come detto più volte, noi non abbiamo la palla di vetro per guardare nel futuro, ma abbiamo un’esperienza di molti decenni nel mondo sportivo italiano e così come avevamo previsto nei precedenti interventi l’impatto della riforma sull’intero sistema sportivo italiano, così ora ne prevediamo le conseguenze.
Posto però che determinate normative debbano essere rispettate anche per motivi di adeguamento alle mutate esigenze socio-economiche del Paese, alle normative sulla sicurezza e sul lavoro, pensiamo che sarebbe stato meno “impattante” prevedere una gradualità connessa con la natura, la grandezza o l’ambito territoriale delle società sportive.
Una sorta di moratoria soprattutto rivolta alle società sportive più piccole.
Dato poi che si sente sempre parlare di “sburocratizzazione”, non ci sembra che i vari decreti legislativi vadano in questa direzione.
Per tutto questo ci sentiamo, sulla base di esperienze professionali e volontaristiche, di fare delle proposte che, non intaccando i principi sanciti dal Legislatore, adeguino le nuove normative ad un quadro realistico della diversa e multiforme conformazione delle associazioni sportive dilettantistiche.
Per inquadrare le società sportive in fasce o scaglioni di valenza, il meccanismo da individuare dovrebbe basarsi su fattori essenziali, eventualmente rapportati tra di loro (es. popolazione/tesserati/tipo di sport), quali:
1. Territorio - Storia- Tradizioni sportive – Cultura
2. Popolazione residente suddivisa per fasce di età dando priorità e valore a quella giovanile (5-16 anni)
3. Numero tesserati (atleti, allenatori, vari)
4. Disciplina praticata a livello dilettantistico e sua diffusione in Italia e nel territorio
5. Bilancio societario consuntivo approvato in Assemblea.
Tuttavia, nell’intento di non gravare ulteriormente sulle società con l’assolvimento di altre incombenze burocratiche che si renderebbero necessarie per la comunicazione dei dati relativi a ciascun fattore, proponiamo criteri di inquadramento nelle fasce o scaglioni semplificati, basati almeno sul numero di tesserati, sulla popolazione totale del comune, sul bilancio societario.
Tanti altri, come premesso, potrebbero essere i parametri, ma, proprio perché quelli da noi indicati sono comuni a tutti i soggetti societari, sono facilmente indicabili e verificabili, e da questo ne sviluppiamo un quadro generale che colloca le società nei vari scaglioni in maniera chiara e trasparente.
Le società oggetto di queste agevolazioni sono unicamente gli enti sportivi dilettantistici regolarmente affiliati alle FSN, alle DSA, agli EPS ed al CIP.
Le fasce proposte sono otto per una tipologia di società di dodici, così da adottare dei correttivi come segue:
• per le associazioni di livello 1-2-3 ridurre l’impatto burocratico complessivo ed in particolare sul tema del lavoro sportivo come, ad es., non effettuare i contratti di lavoro ma una semplice dichiarazione (tipo quella dei redditi) a fine anno su quanti e quali collaboratori, divisi per ruoli, hanno prestato la loro opera e con quali compensi sono stati retribuiti; la dichiarazione è da inserire nel RAS e si prevede un piccolo contributo sotto forma di “bonus fiscale” (500 € livello 1; 750 € livello 2; 1.000 € livello 3) per i primi due anni di applicazione.
• per le fasce intermedie 4-5-6 mantenere le attuali norme evitando, però, buste paga, contribuzioni INAIL, INPS e IRPEF fino ad una fascia di retribuzione di € 20.000 e prevedere un contributo sotto forma di “bonus fiscale” dello stesso importo delle fasce 1-2-3 per i primi due anni di applicazione.
• per la fascia alta 7-8 mantenere le attuali norme prevedendo però un contributo sotto forma di “bonus fiscale forfettario di 1.500 €, almeno per i primi tre anni, per sopperire alle maggiori spese senza che queste incidano sulle famiglie obbligando quindi queste società sportive a mantenere le quote corsi e le quote sociali a livello di partenza ante riforma o modifiche della stessa.
Altro discorso riguarda le FSN, le DSA e gli EPS dove operano moltissimi volontari (collaboratori, giudici o arbitri, figure varie tipo speaker …) e che, alla pari dei dirigenti di società, dovrebbero essere salvaguardati nei loro ruoli e funzioni per mantenere in piedi l’impalcatura dello sport che si regge sull’agonismo (gare, campionati, meeting, eventi vari) che potrebbe invece crollare se venissero meno questi soggetti indispensabili per il funzionamento e la regolarità dei confronti agonistici.
Vorremmo infine porre attenzione alle disposizioni di cui all’art. 33 del D. L.vo n° 36 del 2001, particolarmente alla cogenza della nomina di un “responsabile della protezione dei minori” ed alla “sicurezza dei luoghi di lavoro”.
Quanto alla prima, la individuazione di persona che possa ricoprire questo incarico sarebbe un ulteriore aggravio di incombenze, vista la già permanente difficoltà di trovare nuove figure dirigenziale da inserire nei quadri associativi.
Inoltre, considerato che il Presidente della società sportiva è la figura apicale responsabile della corretta applicazione delle normative di Legge, dell’ordinamento sportivo ed etiche che sono alla base dell’attività e che comunque la nomina di tale responsabile non ne escluderebbe le responsabilità oggettive, siano esse per incauto affidamento di incarico o di omessa vigilanza, sarebbe opportuno evitare un ulteriore difficoltà, dovuta appunto alla ricerca di un’altra figura dirigenziale, ascrivendo alla figura del Presidente, o suo delegato, l’assunzione di questa ulteriore responsabilità.
Per la seconda, proponiamo che sia applicata verso la ASD o SSD solo nei casi in cui le stesse operino su impianti di proprietà in quanto il 90% delle ASD o SSD utilizzano, per gli allenamenti e le gare, pagando i relativi canoni, impianti di proprietà pubblica dove le normative in materia rimandano alla proprietà stessa l’applicazione delle misure di sicurezza.
Accademia dei Maestri dello Sport “G. Onesti”