“La gatta frettolosa partorì micini ciechi……”.
Fin dal primo momento ci siamo chiesti la ragione di tutta questa fretta di intervento sul sistema sportivo.
Solitamente i provvedimenti sono ordinari o d’urgenza. I secondi giustificati dall’incombere di eventi o situazioni tali da richiedere decisioni immediate.
E’ questo il caso della riforma dello sport? Tra tutti i provvedimenti che il governo ha inserito nel suo programma, molti dei quali di consistenza più rilevante, a nostro parere, per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti, è possibile che lo sport abbia tanta importanza da venire subito dopo, anzi insieme con la legge di bilancio?
Noi crediamo di no.
Non ci sembra che incomba sul nostro sistema sportivo alcun evento o situazione tali da richiedere tanta fretta.
E allora, torniamo a chiedere, perché tanta fretta.
Da qualche parte si asserisce che “il disinteresse dei governi verso lo sport nel corso degli ultimi anni ha condannato tutto il sistema a un lento ma inesorabile declino, sia per ciò che riguarda lo sport professionistico, sia con riferimento allo sport di base e dilettantistico”.
Se veramente lo sport italiano fosse in declino ci sarebbe sì la necessità di interventi immediati, ma noi non siamo assolutamente d’accordo, poiché non vediamo questo declino, e non vorremmo qui ricordare la storia del CONI del secondo dopoguerra, che ha visto nello sport uno dei brand con più appeal sulla scena mondiale.
E non sono opinioni, le nostre. Noi riportiamo numeri e risultati: una medaglia è una medaglia e negli ultimi anni il loro numero è aumentato costantemente ponendoci stabilmente nella top ten mondiale. Il numero delle società affiliate e dei tesserati è costantemente elevato, scontando solo, ma con incidenze molto basse, le congiunture economiche di tutto il Paese.
Agli ultimi Giochi invernali di Peyongchang siamo tornati, dopo otto anni a conquistare medaglie d’oro. Ai Giochi Olimpici giovanili di Buenos Aires 2018 la squadra italiana ha vinto ben 40 medaglie, di cui 12 Oro, 17 Argento, 11 Bronzo, classificandosi all’8° posto nel medagliere. Le nostre atlete ed i nostri atleti gareggiano con onore nelle competizioni internazionali delle varie discipline mantenendo alto il valore internazionale dei colori azzurri. Ove già non iniziati, stanno per cominciare tornei e gare per la qualificazione ai Giochi Olimpici di Tokio ed abbiamo ottime prospettive in moltissime discipline.
Le società sportive si affiliano regolarmente alle rispettive Federazioni Sportive e lo stesso dicasi per i tesserati, atleti, tecnici e dirigenti.
Allora si sente dire che si vuole liberare lo sport da interessi estranei, che occorre trasparenza nella gestione sportiva ed amministrativa, che non ci sia un adeguato ricambio nelle cariche.
Evidentemente siamo noi che viviamo su un altro pianeta, ma non vediamo quali siano gli interessi estranei, o che non sia possibile il ricambio delle cariche o, infine, che la gestione non sia stata improntata a criteri di efficienza e di trasparenza.
Non abbiamo visto alcuno scappare con il forziere; i controlli di auditing sono puntuali e approfonditi.
A tal proposito giova ricordare la determinazione della Corte dei Conti del 19 aprile 2018 che, oltre ad attestazioni di correttezza nell’applicazione delle normative, non ha mosso rilievi in ordine alla mancanza di trasparenza.
Le Assemblee elettive del CONI e delle FSN sono adunanze improntate alle regole della democrazia: ci si presenta, si dibatte, si vota. Uno vince e governa. Chi non vince ha la possibilità di riprovarci.
Così vogliono le società affiliate.
E se una persona è capace perché deve lasciare? Siano le società a giudicare.
Ma anche qui sono i numeri a non dare conferma della asserita inamovibilità dei dirigenti, anzi, confermano come ad inizio di ogni quadriennio almeno un terzo dei componenti degli Organi Statutari, Presidenti compresi, vengono sostituiti.
Certamente ci sono dei difetti in tutto questo e qualche problema c’è stato, ma certo non giustificano il ritenere che il sistema sport necessiti di una riforma di tale portata e così frettolosa.
In quanto alla autonomia di cui il CONI e le FSN hanno goduto e che ora si vorrebbe limitare con interventi che ne indirizzino le azioni si dimentica che gli indirizzi di intervento, nello sport, vengono dal basso. Sono le società, che sono alla base del sistema sportivo, come la famiglia lo è nella società in generale, che rappresentano le proprie esigenze e i dirigenti le recepiscono, ne valutano l’efficacia e la fattibilità, ne discutono con le società stesse, dopodiché le attuano adottando i provvedimenti che rispondono ai criteri di crescita qualitativa e quantitativa del movimento ed alle capacità economiche delle società stesse.
Nel precedente articolo abbiamo parlato di analisi dei rischi. Benché non sia nostro il compito di fare queste analisi, solo in questo caso vorremmo porre l’accento sui pericoli di un intervento governativo per indirizzare le azioni degli organismi sportivi.
Come verrebbe visto dai dirigenti delle società un tale ribaltamento di processi decisionali?
Nella stragrande maggioranza i dirigenti di società sono volontari che, oltre a dedicare il loro tempo libero, mettono mano anche al portafogli. La motivazione principale per ciò che fanno è la passione, ma anche un ego fortissimo. Si sentono parte fondamentale e centrale del sistema e non subalterni. Hanno contatti diretti e continui con i dirigenti nazionali con cui discutono non soltanto delle rispettive problematiche, ma collaborano tutti insieme alla gestione dello sport.
Quanto all’alto livello sono il CONI e le FSN che decidono i programmi delle squadre nazionali, che pianificano le attività tecniche, di assistenza, di ricerca, di metodologia, di sostegno economico da intraprendere per fare in modo che gli atleti che vestiranno la maglia azzurra ai Giochi Olimpici, come pure quelli per i Mondiali ed Europei, partecipino nelle migliori condizioni per conseguire risultati prestigiosi.
C’è poi una situazione particolare che è la ciclicità. Ci sono sport che sono vincenti da sempre, altri che hanno andamenti ciclici. Non dipende questo da ragioni tecniche, bensì dalla disponibilità di giovani con qualità, le cosiddette seconde e terze linee.
Ma il costante impegno ha sempre portato al ricambio generazionale, a volte difficile e ne sappiamo le ragioni.
Ci sono, sicuramente, altri sistemi sportivi altrettanto efficienti. Ne abbiamo già accennato in precedenti articoli. Ma ogni sistema è costruito sulla base di innumerevoli fattori ed è proprio della struttura economica e sociale del Paese che l’adotta.
Vorremmo citare la Francia, la Spagna, gli Stati Uniti d’America, la Svizzera, la Francia, la Gran Bretagna.
Li conosciamo bene e ne abbiamo analizzato pregi e difetti. Ma tutti questi ed anche altri che non abbiamo citato hanno un elemento in comune: sono costruiti su una solida base rappresentata dalla scuola.
Quello è l’immenso serbatoio dal quale si attinge per costruire la piramide sportiva. Per far sì che le ciclicità incidano meno sui risultati.
Si va dall’educazione motoria, alla multidisciplinarietà, all’avviamento, alla specializzazione, fino ad arrivare all’alto ed altissimo livello. Si alimenta così con continuità la crescita dei valori, ma, soprattutto, si rende un importante servizio sociale rappresentato dal benessere fisico e mentale del cittadino.
Clément Tissot, medico francesee pioniere della fisioterapia, vissuto tra il 1700 ed il 1800, asseriva che “il movimento è spesso in grado di sostituirsi alle medicine, mentre qualsiasi medicina non potrà mai sostituirsi al movimento”.
Non vogliamo addentrarci in ragionamenti economici, ma siamo sicuri che per ogni euro investito per lo sport ci possano essere economie moltiplicate per dieci nel comparto della sanità.
Nel nostro Paese la situazione è da sempre stata molto differente rispetto ai Paesi sopra elencati. Si può parlare di un coinvolgimento della Scuola soltanto ricordando i Giochi della Gioventù ed i Campionati studenteschi. Appunto, occasioni e non sistematicità come avviene in quei Paesi.
E’ purtroppo questo un retaggio culturale di uno sport visto non come fattore di sana crescita ed educazione del futuro cittadino, ma come attività legata all’assetto politico degli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo.
Mancando questo tassello così importante nel sistema sportivo italiano ai fini della promozione e non solo, il CONI e le FSN hanno preso le loro iniziative e, comunque, hanno portato tantissimi giovani verso lo sport, surrogando un dovere che in altri Paesi è fatto proprio dallo Stato.
Se ancora si vuol parlare di declino….
… che la Riforma intervenga in questo ambito, nella Scuola, rendendo sistematica la corretta attività motoria, ma anche la conoscenza dei valori educativi dello sport. Ci sono esempi di attività poste in essere in alcune Regioni, citiamo il Friuli Venezia Giulia, la Toscana, la Liguria, mediante i quali il CONI e le FSN, attraverso il coinvolgimento delle società sportive locali e dei loro tecnici insieme con gli insegnanti, hanno interessato decine di migliaia di giovani. Con costi, si badi bene, molto contenuti. E’ stato anche questo frutto di quel volontariato di cui abbiamo scritto sopra.
La progettualità deve essere concentrata lì, nello studio e nella pianificazione di un’attività scolastica che comprenda anche l’attività motoria e l’avviamento allo sport. Ma che, al contrario di altre iniziative messe in cantiere in questi ultimi anni, sia duratura, efficace ed efficiente.
Una progettualità condivisa con chi ha il know how, con quelle entità che hanno un patrimonio di esperienze e che sono ansiose di metterle a disposizione.
Questa sì sarebbe una riforma epocale!
Poi mettere mano a tutta quella serie di piccoli interventi per correggere i difetti che anche l’organizzazione sportiva ha in sé. Ma farlo insieme, analizzando le criticità e condividendo le soluzioni, non per sminuire la responsabilità di chi deve assumerle, ma per evitare che soluzioni non appropriate stravolgano un intero sistema che si basa su equilibri molto delicati.
Un’ultima nota vogliamo dedicarla ai finanziamenti.
E’ evidente che gli interventi nella scuola avranno dei costi. Dai nostri conti il gettito fiscale del comparto sport è di circa 1.280 milioni di euro. Il contributo previsto dalla legge di bilancio 2019 è di 410 milioni, pari quindi al 32% del gettito. La restante parte potrebbe essere destinata alla copertura di questa spesa, che è comunque un investimento nella educazione e nella prevenzione, se è vero che l’attività sportiva serve a prevenire la principale malattia dei nostri tempi che è l’ipocinesi, foriera di tantissime patologie.
Sicuramente non togliendo risorse al CONI ed alle FSN, altrimenti la coperta scoprirebbe la parte alta del sistema. Verrebbe così delusa la speranza di qualsiasi giovane che inizia a fare sport, vale a dire la possibilità di raggiungere un domani, con la necessaria assistenza tecnica ed economica, le vette delle classifiche mondiali. Allora sì che parleremmo tutti a ragion veduta di “declino”.
Quanto poi all’ammontare dei contributi al CONI “per il funzionamento, per le attività istituzionali e per la preparazione olimpica” fissato dall’art. 48 della legge di bilancio 2019 in 40 milioni di euro, vorremmo far notare che UK Sport (organizzazione sportiva britannica per il sostegno allo sport di alto livello in funzione olimpica e paralimpica, che è uno dei modelli più efficaci, anche se molto discusso) ha uno stanziamento di 266,5 milioni di sterline per gli sport olimpici (per la sola Federazione ciclistica circa 30 milioni di sterline) e 74,9 milioni di sterline per i paralimpici in preparazione appunto di Tokio 2020.
Lasciamo ogni conclusione a chi ci legge.
Accademia dei Maestri dello Sport "Giulio Onesti"