RIFORMA DELLO SPORT: IL CAMBIAMENTO E L'ANALISI DEL RISCHIO

09/11/2018

“Chi cambia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova “


Certo, oggi, con i navigatori satellitari questo proverbio perde il suo senso, ma nel nostro caso e cioè il cambiamento previsto dal Governo, non solo relativo alla strada da fare, ma anche agli obiettivi generali da raggiungere, non esiste un navigatore  che ci porti con certezza dove vogliamo andare.

Prima di affrontare il tema, nelle sue linee generali e nel modo più sintetico possibile, sono necessarie delle premesse di principio:

•    Nessuno ci ha chiesto di fare questa analisi

•    Non è una visione politica di parte

•   Forse non è completamente scevra da un sentimento di attaccamento all’istituzione sportiva alla quale apparteniamo da oltre 50 anni

•    E’ sicuramente priva di pregiudizi e di nostalgie

•    Non ha fini nascosti tranne quello di far riflettere

L’osservazione si basa sulla analisi di due documenti che riguardano gli interventi sullo Sport:

•    Il testo del Contratto di Governo

•    Il testo della legge di bilancio 2019

Abbiamo preso visione anche del programma del MoVimento 5 Stelle del marzo 2018 sulla riforma dello sport, ma non lo possiamo ritenere un documento ufficiale, anche se è utile per capire quali potrebbero essere gli scenari futuri.

La prima cosa da sottolineare è la grande responsabilità di coloro che governano, a prescindere dalla loro appartenenza o visione politica. Le loro decisioni incidono, nel bene e nel male, su milioni di cittadini.

L’Italia è una grande impresa e lo Sport è un importante ramo d’azienda. Ma cosa produce? E come incide sulla vita dei cittadini?

•    Di certo una adeguata pratica sportiva ha grandi effetti salutari a tutte le età.

•    Una attività sportiva continuativa devia l’attenzione da altre attività spesso molto deleterie per un giovane.

•    Un successo in un grande evento sportivo non solo aumenta il livello di autostima di una popolazione intera, ma fa crescere la percezione di benessere, dà felicità, e questo anche se non si è particolarmente tifosi o amanti dello sport che ha conseguito il risultato.

•    Lo sport, nel suo insieme, è uno dei motori dell’economia Italiana.

•    Lo sport, insieme con l’arte, è forse il miglior biglietto da visita che un Paese può esibire in campo Internazionale.


Negli ultimi 30 anni l’Italia si trova costantemente nella top ten del mondo per i risultati sportivi conseguiti nelle competizioni di altissimo livello (Giochi Olimpici, Campionati del Mondo ed Europei) insieme e, talvolta, anche davanti ad altri Paesi che hanno sistemi sportivi diversi dal nostro.  Segno questo che ciascun sistema sportivo è valido per la realtà sociale, economica ed organizzativa dello specifico Paese.

I risultati delle ultime ricerche demoscopiche curate dall’Istat dimostrano che la pratica sportiva in Italia (saltuaria o continuativa che sia)  è diffusa ed in costante crescita.

Ne deriva che il sistema sportivo del nostro Paese ha funzionato a dovere. Certamente potrebbe essere migliorato, ma intervenendo soltanto con provvedimenti atti a favorire una maggiore e più sistematica diffusione dell’attività motoria in tutte le fasce d’età.

Chiunque capisce quanto sia delicato e rischioso non solo modificare gli attuali assetti di questo ramo d’azienda, ma anche cambiarne gli obiettivi.

Accade a volte che una grande industria modifichi in modo radicale un suo ramo d’azienda e i motivi possono essere diversi: la scarsa competitività del prodotto, la bassa domanda del mercato o anche un cambiamento della filosofia industriale.

Non siamo economisti, ma siamo certi che, in ogni caso, prima di applicare nuovi piani industriali, sarà fatta una accurata  analisi dei rischi.

Però se un prodotto è competitivo e molto richiesto difficilmente l’azienda lo metterà fuori produzione. Il rischio sarebbe troppo alto e metterebbe in pericolo la sopravvivenza di tutta l’azienda.


Fatta questa premessa andiamo ora ad esaminare i due documenti ed in primis la Legge di bilancio ora all’esame del Parlamento.

La materia Sport è contenuta tutta nell’art. 48. E’ prevista la creazione di una nuova società che prenderà il posto di CONI Servizi s.p.a., con un carattere non più funzionale alle attività del CONI, ma organismo centrale del nuovo assetto sportivo, assorbente molte delle funzioni sinora svolte dagli Organi istituzionali del CONI. Questo viene inoltre svuotato di tutte le sue funzioni eccezion fatta per la Preparazione Olimpica. La parte che più di ogni altra lascia intuire quale potrà essere l’assetto del sistema sportivo conseguente alla riforma è quella relativa al finanziamento: dei complessivi 410 milioni di euro per il 2019, 40 saranno destinati al CONI e 370 alla nuova società Sport & Salute. Questa distribuirà 260 milioni alle Federazioni Sportive Nazionali (FSN).

Benchè lo stesso art. 48, di seguito, stabilisca che per l’anno 2019 restano confermati nel loro ammontare gli importi comunicati dal CONI alle Federazioni, nel successivo punto 3 si legge che, in sede di prima applicazione, con decreto del P.d.C., su proposta dell’Autorità politica delegata, di concerto con il MEF, sentito il CONI, questi importi alle FSN possono essere rimodulati.

Quindi sulla base dell’art. 48, le FSN possono continuare a svolgere i propri compiti istituzionali, di governo e di indirizzo del proprio sport. Anche se con l’aleatorietà dei mezzi finanziari disponibili che possono essere rimodulati, in meglio, ma anche in peggio, anche successivamente.


Questo per il 2019, cioè un anno prima lo svolgimento dei Giochi Olimpici, quando si avvieranno i tornei e le manifestazioni di qualificazione per la partecipazione a Tokio 2020.

Noi sappiamo che questa è una fase molto delicata ed abbiamo dimostrato, in studi ed analisi da noi predisposti e pubblicati, quanto sia a volte più difficile qualificarsi che poi raggiungere il risultato ai Giochi. Quindi, particolarmente nelle tappe di avvicinamento ai Giochi Olimpici, le FSN hanno sempre potuto contare sulla certezza dei contributi ed anche su interventi particolari per accrescere le possibilità di qualificarsi per i Giochi.


Nel “contratto di governo”, si legge

….Allo stesso tempo è al Governo che spetta il compito di emanare le linee guida fondamentali relative al sistema sport e alla pratica motoria nel loro complesso.”

In altre parole, fatta salva l’autonomia e la discrezionalità delle scelte di natura tecnico – sportiva, che rimangono in capo al CONI, è necessario che il Governo sia compartecipe delle modalità con le quali vengono spesi e destinati i contributi pubblici assegnati al CONI e trasmessi, poi, alle Federazioni. 

Vuol dire questo che sarà il governo, tramite l’Autorità politica delegata, ad emanare le linee guida fondamentali, ma non solo, sarà anche compartecipe delle modalità di destinazione e di spesa dei contributi.

Non è dato comprendere come sia possibile affermare che si conserva l'autonomia e la discrezionalità delle scelte CONI di natura tecnico-sportiva e contemporaneamente dire che è necessario che il Governo si occupi di come vengono destinati e spesi i contributi destinati alle Federazioni. Cosa si intende, allora, per scelte di natura tecnico-sportiva? Questo approccio viene confermato dal dispositivo contenuto nella Legge di Bilancio: il CONI può occuparsi di preparazione olimpica, ma non delle strategie e dei programmi che stanno alla base della preparazione olimpica. Non vorremmo che, nell'interpretazione del Governo, lo sport olimpico venga considerato alla stregua di uno show dove basta decidere all'ultimo momento chi fa parte del corpo di ballo e comprare i biglietti aerei.


Quindi appare chiaro che l’art. 48 della legge di bilancio introduce dei principi e serve a gestire una fase transitoria, mentre la vera riforma sarà contenuta in un prossimo atto che, oltre ad istituire questa Autorità politica delegata (un Ministero?), ne delineerà funzioni, poteri e portafoglio.

Si potrebbe prevedere il contenuto di questo atto già esaminando i documenti al momento disponibili, ma ci riserviamo di farlo con scrupolo ed attenzione quando verrà emanato.


Fino a questo punto l’impressione che abbiamo ricavato e che, più che un intento riformatore, vi sia la volontà di stravolgere un assetto che, pur con qualche piccolo difetto ha funzionato e funziona molto bene in un Paese in cui il diritto allo sport del cittadino è sempre stato relegato in una posizione di secondo piano. 


Il CONI ha svolto la sua missione non soltanto per il raggiungimento di risultati di assoluto prestigio nell’alto livello, ma anche per ovviare alla grave lacuna della inesistenza di una pratica sportiva di base (noi preferiremmo definirla attività motoria), ad esempio nelle scuole.

La struttura sportiva, sia in Italia che in tutti gli altri Paesi, è una struttura piramidale: più è larga la base, più vi saranno possibilità che il vertice sia elevato.

Non possiamo in tal senso dimenticare che le grandi iniziative per la diffusione della pratica sportiva sono state concepite dal CONI (e dalle FSN), organizzandone la realizzazione con le sue strutture territoriali e federali, con il supporto e la partecipazione degli enti locali e, almeno nei primi anni, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. Parliamo evidentemente dei Giochi della Gioventù che hanno avviato alla pratica sportiva milioni, sì milioni, di giovani, ed alcuni di loro hanno avuto anche l’onore di far innalzare il nostro tricolore sul pennone più alto ai Giochi Olimpici ed ai Campionati mondiali e continentali.

Se con questa riforma lo Stato vuole avocare a sé l’attività di promozione (di educazione motoria e di avviamento allo sport) quale migliore occasione per farlo se non intervenendo nella scuola?

Ricordiamo che Il CONI e le FSN, dopo i primi anni di proficua collaborazione con il Ministero della P.I., che ha prodotto ottimi risultati (vedi GdG e Campionati studenteschi), hanno dovuto rassegnarsi ad una situazione di chiusura a qualsiasi forma di cooperazione.

Il governo (lo Stato) ha invece l’assoluta potestà di imporre l’attività motoria nelle scuole affidandola a personale adeguatamente preparato per intervenire nella fase delicatissima della crescita dell’individuo quale è quello laureato dallo IUSM.

Questo progetto avrebbe sicuramente dei costi, ma tantissimi benefici, sia in termini economici (darebbe lavoro a tanti insegnanti laureati oggi disoccupati), sia in termini di tutela della salute (l’educazione motoria è fondamentale per la salute dei giovani), che in termini di avviamento allo sport (l’educazione motoria è il primo gradino per la scalata della piramide).

Se la riforma prevedesse questo, sarebbe un grande balzo in avanti per tutta la società.


Abbiamo però il dovere di sottolineare un paio di aspetti che rappresentano questioni critiche per l'attuazione di questo programma. Dopo decenni passati a confrontarci con i problemi dell'attività motoria nella scuola elementare sappiamo fin troppo bene quanto costa, in termini di stanziamento pubblico, la dotazione di personale qualificato così come annunciato recentemente dal MIUR. Ci poniamo dunque la domanda: se il Governo vuole risolvere l'annosa questione dell'attività motoria dei bambini, ne avrà la capacità finanziaria?

In secondo luogo vorremmo ricordare la situazione impiantistica generale e particolare per le scuole elementari: far fare attività motoria ai bambini con gli adeguati margini di sicurezza non si può fare nel parcheggio o sul prato dietro l'istituto.

Ma c'è un secondo aspetto ancora più importante e di cui non troviamo traccia nei documenti: se lo Stato vuole avere un ruolo ancora maggiore di quello che ha, deve giocoforza mettersi in relazione con le Amministrazioni locali, con i Comuni. Se si vuole parlare di salute, di promozione dello sport, di attività per i bambini non si può fare a meno di parlare del ruolo che ha, o dovrebbe avere, il Comune in quanto proprietario delle strutture (fabbricati di scuole elementari e medie, in alcuni casi anche delle superiori, impianti sportivi scolastici, servizi come scuolabus, mense). Se lo Stato vuole governare questi aspetti dello sport deve elaborare politiche di cooperazione con i Comuni, altrimenti l'impatto potrebbe essere nullo.

Sulla questione della salute non possiamo fare a meno di sottolineare che lo spazio di sovrapposizione tra sport e terapia e tra sport e prevenzione è materia difficile e malgrado questo ampiamente affrontata dal CONI da molti anni. Consiglieremmo caldamente di non escludere dal tema il CONI, relegandolo a ufficio olimpiadi, perchè si perderebbe un colossale patrimonio di conoscenze, di esperienze, di studi, di ricerche.

Il nostro timore è che la riforma si riduca solo ad un dirottamento di risorse dal CONI e dalle FSN per finanziare attività di promozione e ne saremmo molto contrariati perché, questo sì, sarebbe solo il tentativo di destrutturare un sistema che ha funzionato e bene.


Accademia dei Maestri dello Sport "Giulio Onesti"


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