Sono in pieno svolgimento, sulle nevi francesi, i Campionati del Mondo di sci alpino e il nostro socio Claudio Ravetto, già Direttore Agonistico delle specialità, ha redatto questo interessante articolo che stimola la visione delle gare considerando anche il “dietro le quinte”, cioè tutte quelle condizioni e variabili che influenzano il risultato. E’ un contributo notevole per comprendere i progressi tecnici e la costante ricerca sui materiali e sulla preparazione degli atleti.
Lo sci alpino è per definizione uno sport “di situazione”, ossia uno sport in cui l’esito dell’azione, quindi il risultato, non dipende esclusivamente dal gesto tecnico e dalla prestazione fisica, ma dalla capacità di trovare le giuste risposte di adattamento a stimoli diversi.
È evidente che svolgendosi all’aperto le variabili ambientali sono innumerevoli: cambiano le pendenze, il tipo di neve, l’angolo e la distanza delle porte, la velocità, la visibilità, ecc.
Si può infatti affermare, senza dubbio di smentita, che nessuna curva effettuata è perfettamente uguale a nessun’altra fatta, o che si farà.
Tutto ciò comporta diverse riflessioni, a seconda dell’aspetto preso in considerazione.
Dal punto di vista tecnico è impossibile – come si vorrebbe da più parti e da alcuni studi teorici – un’analisi biomeccanica puntuale del gesto; ovvero ci si affiderà a linee generali di movimento che si prestano a continui adattamenti a seconda delle variabili e delle condizioni da affrontare in quel preciso momento.
Non a caso nel modello tecnico italiano si fa riferimento ai “quattro movimenti fondamentali”, che non sono nient’altro che i movimenti riferiti agli equilibri sui piani verticale-laterale-rotazionale-anteroposteriore.
Fa sorridere il fatto che vengano definiti movimenti fondamentali i generici equilibri sugli assi e sui piani alla base di tutti i movimenti umani, tuttavia è il metodo tuttora più efficace per descrivere-analizzare-insegnare la tecnica sciistica.
Dal punto di vista fisico lo sci alpino è uno sport “di scivolamento”, movimento poco riscontrabile nella vita di relazione.
Lo sciatore, complice la forza di gravità, ha poi come motore la pendenza, il “cadere in giù”; ma non come negli altri sport, in cui il cadere è conseguenza di una spinta dell’apparato muscolare. Inoltre i carichi esterni a cui è sottoposto il soggetto che scia sono elevatissimi e nel tempo, per varie ragioni, stanno aumentando.
Difficile quindi programmare una preparazione atletica altamente specifica, difficilissimo se non impossibile simulare “a secco” la prestazione dello sciatore.
La componente eccentrica dell’azione muscolare è di gran lunga più importante che in tutti gli atri sport. Si pensi poi che si arriva a velocità angolari paragonabili a quelle delle vetture o delle moto da corsa, ma con la sola struttura fisica come supporto, senza nessun telaio o ammortizzatore meccanico che in qualche modo dia una mano nella gestione delle forze in gioco.
Anche dal punto di vista mentale è un guaio: veloci, quasi nudi, senza nessuna protezione oltre quelle essenziali, con la paura di cadere che è chiaramente la prima difficoltà, il primo dei limiti sul piano prestativo.
Tutti i principali movimenti tecnici sono contro-istintivi: per esempio devi stare avanti e proiettato verso il basso, quando l’istinto ti direbbe di rimanere indietro e aggrappato a monte.
Come detto poi, non essendo i movimenti tecnici una vera certezza alla quale aggrapparsi, bisogna sempre avere una propensione mentale all’adattamento e all’improvvisazione per affrontare la curva successiva, che può sempre riservare sorprese. Il tutto, mediamente, ai 100 Km all’ora!
Claudio Ravetto