15/11/2019

Spesso si sente parlare di impiantistica sportiva e, come al solito, chi ne parla lo fa dal suo punto di vista cercando di portare acqua al suo mulino con l’intento, non troppo nascosto, di trarne vantaggi di vario tipo.

La cosa in se non sarebbe negativa, in quanto la somma di tanti interessi specifici alla fine porta al miglioramento di tante esigenze generali.

Il grande limite di questa affermazione sta nel fatto che se non si “governa” questo tipo di approccio c’è un alto rischio di squilibrio del sistema generale, sia della distribuzione sul territorio delle infrastrutture sia di una copertura, il piu’ organica possibile, delle diverse necessità .

Definire i confini sia delle necessità che della finalità dell’impiantistica sportiva non è molto semplice, come non è facile stabilire le priorità d’investimento, perché, alla fine, il vero limite sono le risorse, e se si deve scegliere se sia più utile investire nella costruzione di un mega stadio da qualche centinaio di milioni di euro o, in alternativa, costruire o sistemare, qualche centinaio di palestre scolastiche, qualche problema c’è.

Nel nostro Bel Paese assistiamo a dei paradossi che pochi altri possono vantare.

La lista delle negatività sarebbe variegata e lunga e ci porterebbe ad una visione pessimistica, molto pessimistica, sulla possibilità di risolvere il problema, ma ,nell’intento di dare una mano a chi decide, non richiesta e forse superflua, proviamo ad essere ottimisti.

La prima necessità, a nostro avviso, è quella di provare a dare dei confini al tema “impiantistica sportiva”, individuando e suddividendo, per larghe linee, le principali caratteristiche che ne diversificano profondamente costi e finalità.

impianti naturali, la loro possibile mission, la distribuzione sul territorio, il fattore climatico.

impianti a basso costo, la loro mission, la distribuzione sul territorio, la loro gestione

L’impiantistica scolastica, la sua mission, gestione e distribuzione

Gli impianti di medio livello, per quali sport, quale distribuzione territoriale, quale gestione

Gli impianti multifunzionali

• Gli impianti di alto livello specialistici

I mega impianti, necessità di averli, possibilità di gestione e ritorno economico


Il secondo aspetto che riteniamo utile inquadrare riguarda le finalità primarie a cui le varie tipologie di” impianto sportivo” sono rivolte.

• Attività libere adatte a tutte le età

• Attività di prima formazione fisica

• Attività di avviamento allo sport

• Attività di indirizzo e reclutamento

• Attività di specializzazione

• Attività sportive con finalità di utilità sociale

• Attività sportive di alto livello

• Attività sportive con grandi ritorni economici

• Attività sportive con effetti di richiamo turistico

• Attività sportive di sviluppo culturale

La terza, ed ultima osservazione, riguarda le relazioni tra una adeguata “struttura sportiva”, a livello territoriale e nazionale, ed i suoi effetti diretti ed indiretti sulla società civile.

• Una migliore efficienza fisica

• Un più alto senso civico

• Una notevole diminuzione di malattie dovute alla ipocinesi

• Un miglioramento dell’autostima, sia personale che collettivo

• Un aumento significativo dell’indotto economico in tutti i suoi aspetti

• Una positiva immagine internazionale

Lo sviluppo integrale delle tre serie di osservazioni è senz’altro fattibile ma, come facilmente intuibile, diventerebbe un trattato lungo e complesso. Quello che posssiamo affermare è che in Italia non siamo assolutamente all’anno zero in materia di impiantistica sportiva, ma un po’ d’ordine, con criterio, andrebbe sicuramente messo.

Uno sguardo a cosa si fa all’estero è sempre molto utile, a questo proposito vi proponiamo una testimonianza diretta, molto recente, su cosa si facendo in Cina, che come noto sarà sede dei Giochi Invernali del 2022.

Nei pressi di Pechino ad Harbin che dista due ore dalla capitale cinese) è stato realizzato un enorme impianto indoor ad innevamento artificiale. Basti pensare che la lunghezza dell’impianto è di circa 1.200 metri, contiene tre piste per uno sviluppo totale di 3.000 metri. Il dislivello totale è di 80 metri, 2.600 metri sono piste facili, 400 metri pendenze medie. L’uso dell’impianto non è esclusivo dell’allenamento specifico, ma anche per ricerche ed analisi di elevatissimo valore tecnico e scientifico.

 

Nel mondo esistono, ad oggi, più di 100 strutture coperte: alcune con valenza di richiamo turistico, altre di dimensioni troppo contenute per potere rappresentare un utile laboratorio sia per testare gli atleti che i materiali.

Alcune hanno invece caratteristiche tali, sia come dimensioni, che come pendenze e tecnologia per rappresentare delle eccellenti alternative agli impianti naturali, con in più il vantaggio di potere ricreare le diverse condizioni climatiche per le varie prove.

L’impianto cinese è, al momento, quello che possiede tutte le caratteristiche per potere soddisfare le esigenze delle squadre nazionali delle prove tecniche.

 

In linea generale elenchiamo una serie argomenti tecnici che potrebbero essere analizzati e sviluppati all’interno delle snowhalle.

Ricerca scientifica: riguarda principalmente l’analisi tecnica del movimento, attraverso riprese video, con apparecchiature ad alta definizione, con telecamere che scorrono su cavi, poste lateralmente, frontalmente, posteriormente, verticalmente. L’analisi dei dati così ottenuti sarebbe compito dei tecnici di specialità incaricati.

Possibilità di mantenere o variare le condizioni climatiche, per monitorare i valori della consistenza del manto nevoso, dell’umidità dell’aria, della temperatura della neve e la loro influenza sui materiali e sugli atleti. L’analisi delle rilevazioni tecniche sarebbe molto più attendibile, perchè poco “sporcata” dalle variazioni atmosferiche in campo aperto.

Nello sci alpino si potrebbe arrivare ad avere dei modelli di riferimento per ogni tipo di curva, principalmente nello slalom speciale e gigante, attraverso i quali studiare la tecnica di ogni atleta, in funzione delle sue esigenze specifiche

Ricerca sul materiale: riferita in particolar modo agli sci, sempre secondo il concetto, che, diminuendo le variabili, o comunque sempre monitorate, tali analisi darebbero delle informazioni particolarmente interessanti.

• Tali strutture sono anche usate per lo snowboard, ma potrebbero usufruirne altre discipline.

 

Quando avremo anche noi una struttura coperta dove allenarci? Come quello cinese mai, per fortuna noi che abbiamo le montagne così strutturato non servirebbe neanche, mentre un capannone di dimensioni più ridotte totalmente dedicato all’allenamento dello slalom sarebbe indispensabile “come il pane”!

Ormai tutte le squadre nazionali, le squadre regionali, ma anche qualsiasi club programma almeno una o addirittura due sessioni di allenamento in queste strutture, tra l’altro molto lontane da noi. Servirebbe per fare numeri e quantità di passaggi in slalom, servirebbe per la qualità tecnica dell’allenamento e per la messa a punto del materiale visto che le condizioni sono sempre standard. Se attrezzato nella giusta maniera potrebbe diventare un vero laboratorio attrezzato e dare finalmente dei “numeri” a uno sport come lo sci alpino ancora troppo empirico.

Al giorno d’oggi, visti gli innovativi sistemi di produzione di energie pulite, dovrebbero cadere anche le remore sull’impatto ambientale dovute al dispendio energetico della snowhalle.

La seconda considerazione è a molto più ampio respiro: perché non fare un accordo di collaborazione fra i comitati olimpici Italiano e cinese? In fondo le prossime sedi olimpiche sono Pechino 2022 e Milano-Cortina 2026. I cinesi non sono pronti agonisticamente parlando e non arriveranno preparati nelle discipline tecniche invernali né per Pechino né per Milano-Cortina, visti i lunghi processi di apprendimento, ma l’essere, per esempio, aggregati a squadre strutturate come quelle italiane potrebbe consentire loro enormi progressi. Da parte nostra, invece, il semplice fatto di collaborare con una potenza mondiale dello sport, oltretutto organizzatrice del prossimo evento olimpico, già di per sé sarebbe un enorme vantaggio. Lo sarebbe per le commesse delle aziende italiane tuttora impegnate nella preparazione dì Pechino 2022 e aprirebbe anche questa strada a tutto il Made in Italy. Che dire poi del riuscire a veicolare il nostro turismo, le nostre montagne a un popolo di 1,4 miliardi di persone che si stanno appassionando alle discipline della neve e hanno come sogno nascosto il venire almeno una volta nella vita in Italia!

Naturalmente altri Paesi, per prima l’Austria, grande potenza degli sport invernali, ci ha già pensato prima di noi e attualmente stanno gestendo loro le nazionali cinesi di sci alpino…..

Che possa esserci anche per noi una possibilità lungo la Via della Seta…..?

Vogliamo chiudere queste riflessioni parlando dell’Italia ed affrontando un ragionamento utopistico allo stato attuale, ma che prima o poi dovrà essere preso in considerazione.

Se la Cina, che è un Paese che non ha tradizioni nello sci alpino, ha ben 14 impianti (di cui il più grande è quello descritto sopra) e se è vero che ne esistono più di cento in tutto il mondo, non sarebbe possibile realizzarne anche in Italia? L’occasione potrebbe essere la preparazione dei Giochi Invernali di Milano-Cortina 2026?

Certo, come già accennato, noi abbiamo belle montagne e impianti di prim’ordine, ma negli ultimi decenni la quota neve, a causa dei cambiamenti climatici, si è innalzata di circa 200 metri, tanto che molte stazioni di sport invernali, specie nell’Appennino, sono morte.

Se si riuscissero a superare le difficoltà burocratiche e gli ostacoli ambientali, un siffatto impianto potrebbe nascere ed essere gestito con costi sostenibili.

Noi pensiamo all’utilità dal punto di vista dello studio e della ricerca con atleti di alto livello, se dotato delle adeguate strutture di rilevamento.

Ma pensiamo anche alla sua fruibilità da parte degli appassionati, che poi rappresenterebbe la parte preponderante del suo utilizzo e la fonte di remunerazione del capitale investito.

Quindi, non una cattedrale da realizzare in zone di montagna, bensì nei pressi di una grande città, proprio per facilitare la frequentazione da parte di un vasto bacino di appassionati.

Anche se è vero che chi pratica lo sci per passione ama farlo all’aria aperta, in mezzo alla natura e godendo delle sue bellezze e che noi abbiamo grandi montagne ed eccellenti località per il turismo sportivo è altrettanto vero che la pratica dello sci è possibile solo nei mesi invernali, a meno di non andare sui ghiacciai alpini, anch’essi ormai in crisi, mentre un impianto al coperto funzionerebbe 365 giorni all’anno.

Anche le nostre squadre agonistiche ne trarrebbero vantaggio e non dovrebbero emigrare nell’emisfero australe per gli allenamenti estivi, anche se gli allenamenti su piste naturali non potranno mai essere sostituiti totalmente da quelli indoor.

Se venisse realizzato in occasione dei Giochi Invernali del 2026 sarebbe un impianto con un destino di durabilità ed utilizzabilità ben differente da tanti altri che, realizzati per eventi simili, anche nel recente passato, sono poi stati abbandonati e lasciati deteriorare, immemori dell’investimento impegnato.

Ma questo è solo un ragionamento che, lo ripetiamo, può essere classificato utopistico. A volte però l’utopia trova adepti.


Accademia dei Maestri dello Sport “Giulio Onesti”

Giuseppe Antonini

Daniele Cimini

Claudio Ravetto

Marcello Standoli


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